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Sharing economy e suoi effetti sui mercati immobiliari

LA NUOVA VENEZIA, 2.2.2023 In fondo trovate il link per leggere lo studio condotto da UNECE dal titolo “Sharing economy e suoi effetti sui mercati immobiliari”

Studio che ci trova abbastanza in linea e che riteniamo utile divulgare poiché fa emergere tanti degli aspetti di questa economia che abbiamo più volte dimostrato essere utile e affatto dannosa; i fenomeni, per essere compresi, devono essere osservati a 360° gradi in modo lucido e senza prese di posizione.


Il report della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite, che è un’istituzione internazionale e quindi è anche il più citato, sostanzialmente propone delle linee guida di lettura del fenomeno anche se si ferma a un livello macro economico e compara città con milioni di abitanti con altre che ne hanno qualche decina di migliaia o aree regionali. Così come utilizzando dati statistici di livello europeo, ad esempio, classifica Venezia in quanto provincia secondo la nomenclatura NUTS 3 con risultanze che non sono riferibili a quando accade nella sola città storica che, invece, è oggetto della nostra massima attenzione. Venezia è una realtà cittadina a sé stante, con i suoi sestieri periferici che ruotano attorno a San Marco o è una realtà metropolitana fatta dalle sue periferie che rimangono sotto alla nomenclatura veneziana? Venezia è un’isola collegata alla terraferma da un ponte sull’acqua che ne sancisce il limite culturale e geografico o è il fulcro di un territorio che abbraccia parte della terraferma? Qui c’è una sorta di schizofrenia per la quale occorre una buona cura che guarisca tutti da libere e personali interpretazioni per avere, finalmente, difronte la cartina su cui lavorare in modo univoco.


I dati sulla crescita dei prezzi delle locazioni nei centri urbani, dal 2011 al 2019, è sì andata di pari passo con la diffusione dell’home-sharing ma lo studio fa emergere come i paletti inseriti per limitare la locazione breve non hanno prodotto nessun effetto positivo di ritorno sulla residenzialità, considerato che i prezzi di acquisto o di affitto sono legati alla struttura della popolazione e, in modo determinante, sul tasso di disoccupazione e i bassi salari. Sono le trasformazioni dei quartieri, della quotidianità, delle esigenze contingenti, che determinano le migrazioni in altre zone residenziali e gli studi mettono in discussione la visione tradizionale dello spopolamento che vede la dislocazione legata all’alloggio e suggeriscono di osservare meglio la trasformazione dei luoghi in relazione ai cambiamenti generali riguardo il turismo.


Un altro aspetto interessante riguarda le quote medie, riferite alle città europee, del patrimonio abitativo destinato alle locazione brevi che va tra il 4 e il 7,6%, quindi davvero poco rilevanti sul mercato immobiliare.


Se guardiamo a Venezia, l’ultimo dato fornito dall’Ufficio Statistico sui prezzi (gennaio 2023) ci dice che rispetto all’anno precedente l’incremento degli affitti è pari al 2,3% ma che il costo per le riparazioni e le manutenzioni per la casa sono aumentate del 4,4% (oneri in capo ai proprietari) e le materie prime sono aumentai fino all’8%.


Ma non si può non tenere in considerazione l’importante contributo economico, quindi di ricchezza, che questa forma di locazione ha per grandi città del calibro di Londa o Parigi o, per restare nei nostri confini, per città come Firenze, per la Regione del Trentino o della Puglia .

Lo studio dell’UNECE mette anche in risalto anche il fatto che “la reazione di protesta del pubblico sembra verificarsi in luoghi con densità di popolazione transitoria inferiori. Ciò potrebbe implicare che il malcontento sia una reazione al turismo in generale e non al mercato degli alloggi condivisi.”


Si suggerisce alle Amministrazioni, soprattutto comunali, di ben analizzare il fenomeno prima di intervenire anche perché l’incidenza delle unità in affitto a breve termine sul totale delle abitazioni occupate è in media del 3,1% e sale al 22% se si calcolano anche le abitazioni non occupate. Questo significa che la maggior parte delle case utilizzate per l’affitto breve sono, ed erano, disabitate o non utilizzate. Testualmente l’UNECE scrive: “nelle 43 località studiate non viene utilizzato molto patrimonio abitativo per gli affitti a breve termine in modo professionale”.

Infatti nelle città prese in esame il numero medio di host che gestisce più di cinque unità è appena del 3,5% in tutto il campione mentre il 74,53% gestisce una sola proprietà e il 22,2% da 2 a 5 immobili. A Venezia, secondo l’UNECE, rispettivamente il 64,24% e 28,41%.


Insomma: questo studio è molto interessante e crediamo che sarebbe utile che venisse letto da hi, anche in assoluta buona fede, sta cercando di trovare soluzioni al reale impoverimento della quota delle persone a Venezia. https://unece.org/sites/default/files/2022-10/ECE%20HBP%20216_Sharing%20Economy_E_web.pdf?fbclid=IwAR2q0f4Ts5pMMUxQwHwbmgrbzewqjVs06tDSotsegv3iS1gtH8mT7Q4FQ5A


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